Il cerchio si chiude, cominciamo da dove abbiamo lasciato?…mmm…si, no, forse, mah la resilienza!

Buongiorno a tutti, colleghi, amici ed associati.
Luglio è il mese del reset in vista della nuova stagione sportiva.
La nuova stagione sportiva, se mai si dovesse concretizzare nella sua partenza e/o ripartenza, rappresenterebbe una nuova possibilità di ripresa dopo il periodo di Pandemia –che ricordiamo non è ancora concluso (invitiamo tutti coloro che ancora non lo hanno fatto a vaccinarsi, perché quest’atto rappresenta un gesto di rispetto verso se stessi e verso i propri simili o coloro che a diverso titolo e soprattutto per ragioni di salute o età non possono farlo) -, un nuovo cammino segnato anche e soprattutto dall’elezione, qualche mese fa, del Presidente Federale e di conseguenza dell’Organico Tecnico e Arbitrale.
A breve conosceremo la composizione del CNAr, al quale non possiamo che fare i migliori auguri per un buon operato, perchè quello che lo spetta è – a nostro avviso – uno dei compiti più difficili: riformare la categoria arbitrale, pesantemente ridimensionata dopo questo lungo periodo di stop che ha visto una lenta ma inesorabile diminuzione dei numeri di tesserati arbitro a causa di diversi fattori. Come associazione siamo curiosi e desiderosi di poter collaborare con loro per riportare il movimento al livello tecnico e numerico che gli spetta.
Come abbiamo già trattato in precedenza, la figura dell’Arbitro di Rugby in Italia è prettamente semi-dilettantistica, fatta eccezione per qualche sparuto caso – vedi qualche collega appartenente al Gruppo Arbitri Top 12-, che però resta una realtà molto piccola rispetto a quello che è tutto il movimento, dalla base al GAN-A. Le nostre prestazioni arbitrali vengono ricompensate tramite un gettone di rimborso, quindi molto lontano da un concetto professionale o professionistico.
Lo stop prolungato ha creato una situazione di “disaffezione” per quelle che possono essere anche questioni di tipo economico: non dimentichiamoci che molti giovani arbitri, praticano anche per un interesse economico, perchè con i rimborsi delle partite, a fine stagione possono pagarsi vacanze, studi o altro, ma anche arbitri più affermati, vedevano gli arbitraggi come un mezzo utile per arrotondare quello che è il bilancio familiare. Per ovviare a questo mancato introito, si è dovuto pensare ad altre forme di impiego del proprio tempo con altre attività, sostituendo/mutando/organizzando in maniera differente il tempo che prima era dedicato al Rugby.
L’individuo umano è sotto un certo aspetto, capace di organizzarsi e rispondere prontamente a situazioni di novità o di stress, con una parola che ultimamente va molto di moda e sovente viene usata in maniera errata: la resilienza. L’arbitro deve avere una resilienza ancora più spiccata rispetto ad un’altra persona, poiché ogni partita ci pone davanti una situazione nuova e diversificata rispetto a quella della settimana precedente, pertanto al fianco di doti atletiche che vanno allenate, l’arbitro deve avere una spiccata personalità e allenare le sue capacità psicologiche nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che in ogni momento durante una partita possono manifestarsi, oltre quelli che in diversa natura possono manifestarsi come conflitti all’interno delle diverse sezioni. Sostanzialmente, con tutte le difficoltà del caso, l’arbitro deve allenare il suo ottimismo, deve allenare la sua propensione a leggere gli eventi negativi come momentanei e circoscritti, considerando il bicchiere mezzo pieno, tendendo a vedere perciò il cambiamento/i non come una minaccia ma piuttosto come una sfida verso se stesso e come un’opportunità di crescita (come ad esempio può essere una prestazione andata male o un giudizio negativo di un tutor).
Per approfondire il concetto della “Figura dell’Arbitro” e la “Resilienza dell’arbitro”, nella sezione Documenti del nostro sito, potrete trovare un documento che riteniamo possa essere la giusta premessa per la formazione di futuri arbitri.
Con la ripresa delle competizioni, attraverso l’attività volontaria si è cercato di tornare a una situazione di normalità, sebbene molto delicata e in balia degli eventi e dei ripensamenti fino a poche ore prima delle gare (ci sono state molte rinunce dell’ultimo minuto da entrambe le parti).
Questo però non basta a garantire al movimento arbitrale di dirigere in sicurezza e tranquillità, con la paura, poi, di mettere a rischio la salute propria e quella dei propri cari. Abbiamo notato infatti una adesione bassa da parte dei tesserati (circa il 30%).
Il movimento arbitrale necessita prima di garanzie, poi di sostanza, perché tornando al concetto di semi-professionalità, il rischio di contagio potrebbe avere un disastroso effetto domino nella sfera privata e lavorativa di ognuno.

Segreteria L.I.A.R.