Siamo di “genere” professionali o siamo a gettone professionisti?

Prima di cominciare il nostro ringraziamento va al Direttore de “il mattino di PadovaFabrizio Brancoli per averci concesso la possibilità di riportare integralmente un articolo della redazione sportiva a firma di Simone Varrotto.

Petrarca, si riparte dai big con l’aggiunta di Barbini

Primi movimenti in società: lasciano Marinello, Notariello, Butturini e Fadalti Sul fronte degli arrivi, oltre al Benetton, anche il giovani Casolari del Calvisano

SIMONE VARROTO 22 GIUGNO 2021

PADOVA
Manca meno di un mese al raduno del Petrarca Rugby, che il prossimo 19 luglio si ritroverà al Centro Geremia per preparare la stagione 2021-2022.
Sconfitti in finale all’ultimo secondo dagli acerrimi rivali del Rovigo, i tuttoneri di Marcato e Jimenez ripartiranno da un blocco importante di protagonisti.

CHI VA. Poche le partenze annunciate: il tallonatore Marinello, 22 anni, andrà a Calvisano; lasciano Padova anche il pilone Notariello, 28, il seconda linea Butturini, 22, e l’esperto utility back Fadalti, 33 anni, beniamino dei tifosi per le sue giocate spettacolari, che probabilmente chiuderà altrove una carriera impreziosita da due scudetti (Mogliano 2013 e Petrarca 2018) e varie presenze con la Nazionale Seven’s. Scelta di vita quella del centro-ala Colitti, titolare in finale, che a 24 anni ha deciso di lasciare il rugby e di trasferirsi a Milano per ragioni professionali.

CHI VIENE. Sul fronte degli arrivi, oltre ai nomi noti – Canali e Citton da Rovigo, Esposito e Sgarbi da Treviso, tutti da confermare – ci sarebbe forte interesse per un ritorno all’ovile del flanker Marco Barbini, 30 anni, in uscita dalla Benetton dopo sette stagioni: sarebbe un colpo notevole, essendo figlio d’arte, scudettato giovanile (2009 e 2010) e grande protagonista della storica finale vinta dai tuttoneri al Battaglini di Rovigo nel 2011. Sempre in terza linea il Petrarca punta a far suo Nardo Casolari, 23 anni, tra i migliori del Calvisano con cui ha vinto lo scudetto 2019. Per tutti si attendono gli annunci ufficiali.

STRANIERI. La società di via Gozzano attende invece l’uscita della circolare informativa della Fir. Lo sottolinea Vittorio Munari, consigliere delegato del club.

«Siamo ancora in attesa di sapere con che regole inquadrare gli stranieri», spiega il dirigente, «Attualmente chi ha passaporto italiano ma si è formato all’estero è tesserato come straniero (massimo 3 in lista gara, ndr). Sembra che vogliano superare questa regola però non si sa con che criteri e senza circolare è difficile definire la rosa».

Da parte di Munari, ex general manager del Benetton Treviso, non manca il plauso all’impresa compiuta dai biancoverdi battendo i Blue Bulls sudafricani nella finale di Raimbow Cup. «E’ da parecchi anni che il Benetton determina l’altezza dell’asticella per il rugby italiano. Lo standard raggiunto dalla squadra di Treviso è notevole e la vera sfida è alzare quello che c’è dietro di loro, portando il campionato italiano ad un livello superiore», ha dichiarato, dedicando un’ultima considerazione agli arbitri.

«Il Benetton», ha detto, «gioca in un campionato con arbitri stranieri, non sempre bravissimi ma che seguono un protocollo chiaro. In Italia rimane difficile alzare la qualità di gioco senza migliorare la qualità e l’uniformità del metro arbitrale. La nostra Under 20 in Galles ha preso una ventina di calci punizioni: questo dice molto sulla nostra formazione nei confronti del regolamento. Evidentemente c’è confusione, si è visto anche nella finale del Top 10. Senza arbitri di qualità, e ben coordinati, non puoi avere un buon campionato. E se il criterio per essere buon arbitro è la conoscenza della lingua inglese si mette il carro davanti ai buoi, come successo per il progetto statura».

Simone Varroto

Vogliamo partire proprio da questa ultima parte evidenziata e sottolineata per esprimere un nostro personalissimo punto di vista oltre che proporre una serie di interventi strutturali, facendolo alla nostra maniera con una lettera che è un inno al rugby giocato e non.

Salve amici, associati e simpatizzanti del mondo del rugby, oggi vorremmo porre l’attenzione sull’interessante articolo di Simone Varroto de ” il mattino di Padova ” consultabile, nella parte di apertura di di questa nostra lettera o direttamente al seguente link.
Interessante perché ci dà modo di fare una riflessione, soprattutto in merito a quanto espresso da parte di Vittorio Munari relativamente alla classe arbitrale, per comodità riportiamo di seguito la parte d’interesse (già precedentemente evidenziata, ma che vogliamo nuovamente rimarcare): «Il Benetton», ha detto, «gioca in un campionato con arbitri stranieri, non sempre bravissimi ma che seguono un protocollo chiaro. In Italia rimane difficile alzare la qualità di gioco senza migliorare la qualità e l’uniformità del metro arbitrale. La nostra Under 20 in Galles ha preso una ventina di calci punizioni: questo dice molto sulla nostra formazione nei confronti del regolamento.
Evidentemente c’è confusione, si è visto anche nella finale del Top 10. Senza arbitri di qualità, e ben coordinati, non puoi avere un buon campionato. E se il criterio per essere buon arbitro è la conoscenza della lingua inglese si mette il carro davanti ai buoi, come successo per il progetto statura».”

Partiamo da un assunto che è principio cardine dell’attività di un arbitro e cioè che siamo un gruppo di persone che inizia per passione, svolgendo la propria attività arbitrale a servizio di questo fantastico sport in veste non professionale, ma amatoriale, perché così siamo “incardinati”, non siamo dei professionisti anche se chi ci governa ci richiede prestazioni professionali. Siamo persone che “donano” il loro tempo sottraendolo a famiglie, amici ed anche alle volte al lavoro, soprattutto e solo per il puro gusto di sentire il profumo dell’erba, tenere la palla ovale in una mano e permettere a giovani e meno giovani di divertirsi assieme nel fango.
Alcuni di noi sono stati prima giocatori e certe sensazioni non muoiono, altri si sono avvicinati a questo sport direttamente indossando la giacchetta nera, ma ognuno di noi indipendentemente dal sentiero che ci ha portati a decidere di tenere un fischietto in mano, mai è venuto meno al secondo principio cardine di un arbitro, governare il gioco per permettere il massimo divertimento di chi è in campo nel rispetto del regolamento.
E’ vero, siamo un paese appartenente alla comunità economica europea, ma ciò non significa che siamo tenuti obbligatoriamente a conoscere una lingua straniera e nello specifico l’inglese, questo perché, come precedentemente detto, siamo persone, con vissuti e scelte di vita e lavorative differenti, ma soprattutto con prospettive non sempre, per i meno giovani di noi, legate ad un percorso di crescita professionale nel mondo arbitrale, soprattutto considerando che fino ad oggi, tale crescita non è stata legata a stimoli trasparenti, chiari e con un piano di sviluppo fattivo e realizzabile, questo ha portato verso la disaffezione, principalmente e soprattutto dei più giovani (i numeri parlano chiaro e non hanno bisogno di commenti).
Non si può sempre demandare la crescita e la professionalità a scelte a carico personale, certo è che investiamo il nostro tempo e le nostre energie oltre che i nostri risparmi a migliorare le nostre soft skill anche in ambito linguistico. Troviamo parzialmente fuori luogo e poco competitivo il fatto che se un ragazzo giovane o meno giovane dimostra in campo capacità e bravura venga scartato perché ha una mancanza linguistica, la lingua non è e non deve essere di ostacolo, crediamo che la Federazione potrebbe attivare corsi specifici in questo ambito, dopotutto siamo il motore o dovremmo esserlo, o meglio dovremmo essere visti come una risorsa, altrimenti rischiamo di perdere un potenziale arbitro di qualità, vanificando tempo e risorse.
La nostra proposta non va letta come una richiesta di assistenzialismo, ma piuttosto come una opportunità, una scelta che pone la persona, l’atleta arbitro ad una scelta, anche professionale, sempre che ci sia un progetto chiaro, il vantaggio è reciproco, il livello, la qualità e la soddisfazione mettono in moto un ciclo virtuoso.
Accogliamo e facciamo nostra la “richiesta” non diretta a noi del Sig. Munari e come Associazione ci stiamo già attivando per sottoscrivere delle convenzioni con scuole di lingua al fine di indirizzare i nostri arbitri associati a migliorare le loro capacità linguistiche o a cominciare a confrontarsi con la lingua come se fosse una nuova sfida sportiva, certi che questo aiuti il movimento.
Comunque, a nostro avviso, è un falso problema quello della lingua, è una minima parte del problema. La verità è che bisogna pensare di investire sulla base del gruppo arbitrale, non si può continuare a chiedere senza dare e non stiamo parlando in termini economici, questo è un altro discorso che qui non affronteremo.
Se si parla di formazione, bisogna investire e formare a 360 gradi, noi della Lega Italiana Arbitri di Rugby la pensiamo così.
Nel nostro Programma 2021/2025 abbiamo voluto puntare sulla formazione, perno centrale di tutto il futuro del movimento, che a nostro avviso, per rispondere anche a quanto sollevato dal Sig. Munari, deve essere trasversale, raggiungere tutti e permettere a tutti una crescita paritaria al fine da permettere ai più capaci di emergere (meritocrazia, questa sconosciuta, se ne parla, ma non si applica) come stimolo per gli altri, come riferimento per gli altri, magari proprio per i più giovani.
Per saperne di più vi invitiamo a leggere il programma al seguente link alla voce “Formazione arbitri”. Inoltre dal nostro punto di vista, quello di arbitro, che osserva e segue lo svolgersi del gioco in campo con uno sguardo ben differente, la domanda che spesso ci poniamo è anche se i giocatori siano informati delle regole base del gioco.
Siamo pronti ad un confronto, ad una sana chiacchierata e nello spirito del miglior terzo tempo, a farlo con un buon boccale di birra in mano.
Buona palla ovale a tutti

La Segreteria L.I.A.R.